NAPOLI – Nel segno della grande dinastia teatrale dei Di Maio, un frammento della comicità napoletana torna a brillare sulle tavole del Teatro Totò. Dal 7 al 16 novembre 2025, nello storico palcoscenico di via Cavara a Foria, guidato in modo appassionato da Gaetano Liguori, si riaccendono le luci su “È asciuto pazzo ’o parrucchiano”, perla della drammaturgia popolare firmata dal poeta di Compagnia Gaetano Di Maio insieme alla figlia Olimpia. Era il 1989 quando la commedia debuttava al Teatro Sannazaro con la straordinaria Luisa Conte e la regia di Giuseppe De Martino: oggi, a distanza di decenni, l’eredità di quella tradizione rivive nelle mani e nel cuore di Oscar Di Maio, interprete principale e regista di questa nuova edizione. Una sfida, la sua, che non è mero revival ma rito teatrale, restituzione affettuosa di una memoria scenica collettiva. Al suo fianco, la compagnia che annovera Alessandra Borrelli e Ciro Scherma, pronta a scolpire con naturalezza e ritmo le silhouette di un mondo contadino sospeso tra devozione, superstizione e buffe quotidiane miserie umane. La vicenda, intrisa di humour e poesia popolare, prende forma nella casa di don Sandro, parroco fervido e tenace, affiancato dall’instancabile perpetua donna Rosa e dall’irresistibile sacrestano Modestino, figure che odorano di campanili, incenso e chiacchiere di paese. Qui, tra litigi da cortile, piccole gelosie e grandi ingenuità, prende corpo la battaglia instancabile di un sacerdote che, nel tentativo di tenere saldo il fragile equilibrio della sua comunità, inventa sotterfugi e miracoli di cartapesta pur di non vedere frantumata la fede semplice dei suoi fedeli. Una commedia, sì, ma attraversata da lampi morali, dove la risata diventa specchio e la farsa si fa rivelazione. I “peccati” piccoli e grandi della comunità emergono come crepe su un muro antico, e lo stesso don Sandro finisce travolto da un turbine di equivoci e verità celate, fino a sfiorare la follia nella sua lotta per il bene. E quando il Vescovo giunge a mettere ordine, chiamato a giudicare un presunto miracolo, l’intera vicenda assume il sapore di una parabola moderna: tra misfatti e redenzione, tra la beffa e la pietà, il finale accarezza il pubblico con un sorriso che invita a riflettere, ma anche a sperare. Perché nella grande scuola del teatro napoletano, quella che i Di Maio continuano a custodire, la comicità non è mai solo comicità, ma un atto d’amore verso la fragilità dell’uomo e un rito laico di comunità.
Un ritorno, dunque, che profuma di memoria e attualità, capace di unire generazioni e sensibilità, e che conferma, ancora una volta, il Teatro Totò quale presidio prezioso della tradizione, capace di custodire i suoi miti, ma anche di farli camminare nel presente con passo lieve e cuore saldo.